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Quando tornai, il cuscino dalla faccia se l’era tolto – questo lo sapevo – ma ancora non voleva guardarmi, con tutto che stava sdraiata sulla schiena eccetera eccetera. Quando girai intorno al letto e mi sedetti di nuovo, lei volse quella faccia stralunata dall’altra parte. Mi stava mettendo al bando con tutti i carismi. Proprio come la squadra di scherma di Pencey, quella volta che avevo lasciato sulla metropolitana tutti quei dannati fioretti. - Come sta la vecchia Hazel Weatherfield? – dissi. – Stai scrivendo dei nuovi racconti su di lei? Quello che mi hai mandato ce l’ho in valigia. E’ alla stazione. E’ bellissimo. - Papà ti ammazza. Ragazzi, quando le viene un pallino non c’è niente da fare. - Ma no che non mi ammazza. Male che vada, mi dà un altro liscio e busso e poi mi spedisce a quella maledetta scuola militare. Questo è tutto quelli che mi fa. E tanto per cominciare io non ci sarò nemmeno. Sarò via. Sarò … probabilmente sarò nel Colorado in quel ranch. - Non farmi ridere. Non sai nemmeno andare a cavallo. - Chi non sa andare a cavallo? Figurati
se non so andare a cavallo! Certo che si so andare. Possono insegnartelo in
due minuti, - dissi. – Smettila di stuzzicartelo -. Si stava stuzzicando il
cerotto che aveva sul braccio. – Chi ti ha tagliato i capelli in quel modo? –
le domandai. Mi ero appena accorto in che stupido modo le avevano tagliato i
capelli. Erano troppo corti. - Non ti riguarda, - disse. Certe volte sa tirare fuori un’aria molto sostenuta. Sa essere sostenutissima. Mi figuro che hai fatto fiasco anche stavolta, - disse, sostenutissima. Era perfino un po’ buffo, in un certo senso. Certe volte pare un accidente di professoressa, e non è che una ragazzina. - E invece no, - dissi. – In inglese sono passato -. Poi tanto per fare una cosa, le diedi un pizzicotto sul didietro. Lo teneva lì puntato in aria, dato che stava appoggiata sul fianco. Non c’è l’ha quasi nemmeno, il didietro. Non la pizzicai forte, ma lei cercò lo stesso di darmi un colpo sulla mano, però fece cilecca. Poi, tutt’a un tratto, disse: - Oh, ma
perché l’hai fatto? – Voleva dire perché mi ero fatto buttare fuori un’altra
volta. Mi diede una certa tristezza come lo disse. - O Dio, Phoebe, non stare a fare
domande. Ne ho le tasche piene di tutti quanti che mi domandano la stessa
cosa, - dissi. – Ci sono perché da vendere. Era una delle scuole peggiori che
mi sia mai capitata. Piena di gente balorda. E gretta. Mai vista tanta gente
gretta in vita tua. Per esempio, se si stava a fare quattro chiacchiere nella
stanza di qualcuno e c’era uno che voleva entrare, be’, se era uno di quei
tipi un po’ svitati e coi brufoli non c’era verso che lo facessero entrare.
Chiudevano sempre la porta a chiave, quando qualcuno voleva entrare. E
avevano fatto quella dannata società segreta nella quale sono entrato per
pura vigliaccheria. C’era quel rompiscatole coi brufoletti, Robert Ackley,
che voleva entrarci. Ha fatto di tutto per spuntarla, ma quelli non l’hanno
voluto. Solo perché era un rompiscatole coi brufoletti. Non mi va’ giù
nemmeno a parlarne. Era una scuola schifa. Parola. La vecchia Phoebe non disse niente, ma
stava a sentire. Lo capivo dalla sua nuca, che stava a sentire. Sta sempre a
sentire se le dite una cosa. E il buffo è che il più delle volte capisce di
che diavolo state parlando. Sul serio. Continuai a parlare del vecchio Percey.
Quasi ci provavo gusto. - Erano balordi anche quel paio di
professori simpatici che avevo, perfino quelli, - dissi. – C’era quel
vecchietto, il professor Spencer. Sua moglie ci dava sempre la cioccolata
calda e tutta quella roba là, ed erano veramente simpaticissimi. Ma dovevi
vederlo durante la lezione di storia quando capitava in classe il vecchio
Thurmer, il preside, e si sedeva in fondo all’aula. Quello non faceva che
entrare nelle classi e starsene in fondo per delle mezz’ore. Erano visitine
in incognito o giù di lì. Dopo un po’ che se ne stava seduto là, sul più
bello si metteva a interrompere il vecchio Spencer per dire un sacco di
spiritosaggini antidiluviane. E il vecchio Spencer a ridacchiare e a sbavare
sorrisi da ammazzarsi, neanche se Thurmer fosse stato uno stramaledetto
principe o che so io. - Non bestemmiare tanto. - Roba da vomitare, te lo giuro, -
disii. – E poi il Giorno dei veterani. A Pencey c’è questa festa, il Giorno
dei veterani, e tutti i lavativi che si sono laureati là verso il 1776 ci
tornano per passeggiare avanti e indietro con mogli e figli e compagnia
bella. Avresti dovuto vedere quel vecchio che avrà avuto cinquant’anni. Be’,
un bel momento è venuto nella nostra stanza, ha bussato alla porta e ci ha domandato
se ci seccava che usasse la stanza da bagno. La stanza da bagno sta in fondo
al corridoio – non so proprio perché diavolo l’ha domandato a noi. Sai che ha
detto? Ha detto che voleva vedere se su una delle nostre porte dei gabinetti
c’erano ancora le sue iniziali. Figurati che una novantina d’anni fa aveva
scolpito le sue maledette stupide bacucche iniziali su una delle porte dei
gabinetti e voleva vedere se c’erano ancora. Così io e il mio compagno di
stanza l’abbiamo portato alla stanza da bagno eccetera eccetera, e siamo
dovuti restare là mentre lui cercava le sue iniziali su tutte le porte dei
gabinetti. E ha continuato a parlare tutto il tempo, raccontandoci che i
giorni più felici della sua vita erano stati quelli di Pencey e dandoci un
sacco di consigli per il futuro e tutti quanto. Ragazzi, quanto mi ha
depresso! Non dico che fosse un cattivo diavolo – non lo era. Ma non c’è
bisogno di essere un cattivo diavolo per deprimere la gente – puoi riuscirci
anche se sei una bravissima persona. Per deprimere la gente basta che ti
metti a dare un sacco di consigli fasulli mentre cerchi le tue iniziali sulla
porta di un gabinetto – non hai da fare altro. Non lo so. Forse l’avremmo
sopportato meglio se non fosse stato completamente spompato. Ed era così spompato
solo perché aveva fatto tutte le scale, e mentre cercava le sue iniziali
continuava ad ansimare, con quelle ridicole narici disgraziate, e intanto
continuava a dire a me e a Stradlater di cavar fuori da Pencey tutto quello
che potevamo. Dio, Phoebe! Non posso spiegartelo. Non mi piaceva niente di
quello che succedeva a Pencey, ecco tutto. Non posso spiegartelo! Allora la vecchia Phoebe disse
qualcosa, ma non riuscii a sentirla. Aveva l’angolo della bocca schiacciato
contro il cuscino e non riuscii a sentirla. - Come? – dissi. – Tira via la bocca di
là. Non riesco a sentirti, se tieni la bocca in quel modo. - A te non ti piace niente di quello
che succede. Quando disse così mi fece sentire
ancora più depresso. - Ma sì che mi piace! Sì che mi piace!
Naturalmente che mi piace. Non dire così. Perché diavolo dici così? - Perché non ti piace. Non ti piace
nessuna scuola. Non ti piacciono un milione di cose. Non ti piace. - Invece sì! Qui hai torto, è proprio
qui che hai torto! Perché diavolo devi dire così? – dissi. Ragazzi, quanto mi
deprimeva. - Perché non ti piace, disse. – Dinne
una. - Una? Una cosa che mi piace? – dissi.
– D’accordo. Il guaio era che nono riuscivo a
concentrarmi troppo. È difficile concentrarsi, certe volte. - Una cosa che mi piace molto, vuoi
dire? – le domandai. Ma non mi rispose. Stava tutta
scontorta e capovolta dall’altra parte del letto. A mille miglia di distanza.
– Avanti, rispondimi, - dissi. – Una cosa che mi piace molto, o che mi piace
soltanto? - Che ti piace molto. - Benissimo, . dissi. Ma il guaio era
che non riuscivo a concentrarmi. Quasi tutto quello che mi venne in mente
furono quelle due suore che se ne andavano in giro a fare la questua con quei
vecchi cestini di paglia mezzi rotti. Soprattutto quella con gli occhiali
dalla montatura di metallo. E quel ragazzo che avevo conosciuto a Elkton
Hills. C’era questo ragazzo, a Elkton Hills, si chiamava James Castle, che
non volle ritrattare quello che aveva detto di quel pallone gonfiato di Phil
Stabile. James Castle aveva detto di lui che era un pallone gonfiato, e uno
degli sporchi amici di Stabile era andato a rifischiarglielo. Allora Stabile,
con altri sei o sette luridi bastardi, andò nella stanza di James Castle,
entrò, chiuse a chiave quella maledetta porta e cercò di fargli ritirare
quello che aveva detto, ma lui niente. Allora gli saltarono addosso. Non vi
dico davvero quello che gli hanno fatto – è troppo rivoltante – ma lui non
volle ritrattare lo stesso, il vecchio James Castle. E dovevate vederlo. Era
un piccoletto magro che pareva un soffio. Con certi polsi sottili come
fiammiferi. Andò a finire che invece di ritrattare quello che aveva detto si
buttò dalla finestra. Io stavo nella doccia e via discorrendo, eppure lo
sentii che piombava giù. Ma pensai che fosse caduta dalla finestra qualcosa,
una radio, una scrivania, qualcosa, insomma, non un ragazzo né niente di
simile. Poi sentii tutti che correvano per il corridoio e per le scale, e
allora mi misi la vestaglia e corsi giù anch’io, e là c’era il vecchio James
Castle, là sugli scalini di pietra eccetera eccetera. Era morto, e c’erano
denti e sangue dappertutto e nemmeno un cane che se la sentisse di stargli
vicino. Aveva addosso quel maglione col collo alto che gli avevo prestato io.
Quelli che stavano nella stanza con lui li espulsero e basta. Non finirono
nemmeno in galera. Ma fu quasi tutto quello che riuscii a
pensare. Quelle due suore che avevo visto a colazione e quel James Castle che
avevo conosciuto a Elkton Hills. Il buffo è che James Castle quasi non lo
conoscevo nemmeno, se proprio volete saperlo. Era uno di quei tipi che stanno
sempre zitti. Facevamo lo stesso corso di matematica, ma stava lontanissimo,
dall’altra parte dell’aula, e non si alzava quasi mai per dire la lezione o
per andare alla lavagna o roba del genere. Certi ragazzi, a scuola, non si
alzano mai quasi mai per dire la lezione o andare alla lavagna. Credo che
l’unica volta che ci siamo parlati è stato quando mi ha chiesto se potevo
prestargli il mio maglione a collo alto. E quando me l’ha chiesto per poco
non ci restavo secco, tanto ero meravigliato eccetera eccetera. Mi ricordo
che quando me l’ha chiesto stavo ai gabinetti a lavarmi i denti. Mi disse che
suo cugino veniva a prenderlo per fare una gita in macchina e via
discorrendo. Non sapevo nemmeno che sapesse che avevo un maglione col collo
alto. Di lui sapevo soltanto che all’appello il suo nome era subito prima del
mio. Cabel R., Cabel W., Castle, Caufield – me ne ricordo ancora. Se volete
saperlo, quel maglione stavo per non prestarglielo. Proprio perché non lo
conoscevo tanto bene. - Come? Dissi alla vecchia Phoebe. Mi
aveva detto qualcosa, ma non l’avevo sentita. - Non riesci a trovare nemmeno una
cosa. - Ma sì, ma sì. - Be’, allora dilla. - Mi piace Allie, - dissi. – E mi piace
fare tutto quello che sto facendo adesso. Stare seduto qui con te a parlare,
e a pensare alle cose, e … - Allie è morto. Dici sempre la stessa
cosa! Se uno è morto eccetera eccetera e sta in cileo, non è veramente … - lo so che è morto! Credi che non lo
sappia? Ma mi può piacere ancora, no? Non è mica che uno non ti piace più
perché è morto, Dio santo, specie se è mille volte meglio della gente viva
che conosci e compagnia bella. La vecchia Phoebe non disse niente.
Quando non trova niente da dire, non dice più mezza dannata parola. - Ad ogni modo, mi piace ora, - dissi.
– Proprio adesso, voglio dire. Stare seduto qui con te a fare quattro
chiacchiere e a scherzare … - Questa non è una vera cosa! - È una vera cosa eccome! Certo che lo
è. Perché diavolo non lo è? La gente non crede mai che una cosa sia una vera
cosa. Ne ho arcipiene le maledette tasche. - smettila di bestemmiare. Va bene, dimmi
qualcos’altro. Dimmi che cosa ti piacerebbe essere. Come uno scienziato. O un
avvocato o qualche cosa. - Non potrei essere uno scienziato. In
scienze sono una schiappa. - Be’, un avvocato, come papà e
compagnia bella. - Gli avvocati sono in gamba, direi, ma
non mi attira, - dissi. – Voglio dire, sono in gamba se vanno in giro tutto
il tempo a salvare la vita agli innocenti e roba simile, ma se sei avvocato
queste cose non le fai. Tutto quello che fai è accumulare soldi giocare a
golf giocare a bridge comprare macchine bere martini e avere l’aria dell’alto
papavero. E del resto! Anche se te ne vai in giro a salvare la vita alla
gente e via discorrendo, chi ti dice che lo fai perché vuoi veramente salvare
la vita alla gente, e non perché in realtà quello che vuoi è soltanto di
essere un fenomeno di avvocato, con tutti quanti che ti danno manate sulla
schiena e ti fanno le congratulazioni in tribunale quando il maledetto
processo è finito e i giornalisti e tutti quanti, come si vede in quegli
sporchi film? Chi ti dice che non sei uno sbruffone? Non lo sapresti mai,
ecco il guaio. Non sono ben sicuro che la vecchia
Phoebe capisse di che diavolo parlavo. Voglio dire, in fondo è che una
bambina e via discorrendo. Però stava a sentire, almeno. Se qualcuno almeno
vi sta non è tanto brutto. - Papà ti ammazza. Vedrai che ti
ammazza, - disse. Ma io non la sentivo. Stavo pensando a
un’altra cosa – una cosa pazzesca. – Sai che cosa mi piacerebbe fare? Se
potessi fare quell’accidente che mi gira, voglio dire. - Cosa? Smettila di bestemmiare. - Sai quella canzone che fa “Se scendi
tra i campi di segale, e ti prende al volo qualcuno”? Io vorrei … Dice “ Se cendi tra i campi di segale,
e ti viene incontro qualcuno”, - disse la vecchia Phoebe. - È una poesia. Di
Robert Burns. - Lo so che è una poesia di Robert
Burns. Però aveva ragione lei. Dice proprio
“se scendi tra i campi di segale, e ti viene incontro qualcuno”. Ma allora
non lo sapevo. - Credevo che dicesse “E ti prende al
volo qualcuno”, - dissi. – Ad ogni modo, mi immagino sempre tutti questi
ragazzi che fanno una partita in quell’immenso campo di segale eccetera
eccetera. Migliaia di ragazzini, e intorno non c’è nessun altro, nessun grande, voglio dire, soltanto io. E io
sto in piedi sull’orlo di un dirupo pazzesco. E non devo fare altro che
prendere al volo tutti quelli che stanno per cadere nel dirupo, voglio dire,
se corrono senza guardare dove vanno, io devo saltare fuori da qualche posto
e acchiapparli. Non dovrei fare altro tutto il giorno. Sarei soltanto
l’acchiappatore nella segale e via dicendo. So che è una pazzia, ma è l’unica
cosa che mi piacerebbe veramente fare. Lo so che è una pazzia. La vecchia Phoebe non disse niente per
molto tempo. Poi, quando finalmente si decise a dire qualcosa, tutto quello
che disse fu: - papà ti ammazza. - E se lo fa me ne strainfischio, -
dissi io. Poi mi alzai dal letto perché volevo fare una cosa, volevo
telefonare a quel tale che era stato mio professore di inglese a Elkton
Hills, il professor Antolini. Adesso stava a New York. Aveva lasciato Elkton
Hills. Aveva accettato l’incarico di professore di inglese all’università di
New York. – Devo fare una telefonata, - dissi a Phoebe. – Torno subito. Non
addormentarti -. Non volevo che si addormentasse mentre stavo nella stanza di
soggiorno. Non si sarebbe addormentata, lo sapevo, ma glielo dissi lo stesso
tanto per esserne sicuro. Mentre andavo verso la porta, la vecchia
Phoebe disse – Holden! – e io mi girai. Si era seduta sul letto. Era così
carina. – Sto prendendo lezioni di rutti da quella ragazza, Phyllis
Margulies, disse. – Sta’ a sentire. Stetti a sentire, e sentii qualcosa, ma
non molto. – Brava, - dissi. Poi andai nella stanza di soggiorno a telefonare
a quel mio vecchio professore, il professor Antolini. |